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Cappelli da ridere

Nella canzone napoletana il cappello assume una dimensione caricaturale. Sono pochi gli elementi per potere affidare un ruolo a questo indumento. «M’aggio accattato nu turbante/nu turbante a’ Rinascente/cu e pennacchi rosso e blù» (Caravan petrol di Carosone-Nisa-1959); e ancora «Te si piazzato ‘ncapo stu sombrero» (Carosone-Nisa-1958). Una posizione attiva di manifesta complicità è data da «Luna rossa» di Vian-de Crescenzo: «Uocchie sotto o cappiello annascunnute» E a sottolineare il ruolo deviante dell’amata, insieme alla «Vesta scullata» troviamo «nu cappielle cu ‘e nastre e ccu e rose». Di autore napoletano (A. Gill) è «Come pioveva» ove recita: «Elegante nel suo velo/nel suo bianco cappellin». II bianco rievoca l’innocenza del ricordo. A Napoli lo scappellarsi é segno di devozione o di sottomissione. Si palesa anche un altro aspetto: quello di nascondere la «zella» o tigna (infezione contagiosa frutto di poca igiene) che di per sé ha carattere derisorio e il portatore di essa viene detto «’o zelluso». II tentativo di nascondere tale malanno equivaleva a gettare la maschera e, per traslato scoprire un inganno era, nell’accezione popolare, «Scummiglià ‘e zelle»; il provocare volutamente e inopportunamente un pericolo veniva definito «te prore ‘a zella». Riguardo al modo di calcare il cappello in testa: se portato a sghimbescio era di «sguincio» se ben inserito era «ncaforchiato». Nei costumi napoletani il cappello non gode di ampia letteratura e i termini che lo designano sono ridotti: abbiamo, ad esempio, il cappello «muscio», «de prevete», la coppola particolarmente usata dalle classi umili. Un’escursione nel mondo dei proverbi ci offre «Coppole pe cappielle, a casa e sant’Aniello» intendendosi che pur di abitare in un luogo salubre (Sant’Aniello a Caponapoli) vale Ia pena risparmiare finanche sull’acquisto di un berretto. E ancora «chi é parente d’a coppola, va pa casa e ‘ntroppeca» e «chi è parente d”o maccaturo, va p’a casa e va sicuro» intendendosi che chi é parente dell’uomo («a coppola») gira per la casa inciampando; chi della donna («’o maccaturo) gira per la casa sicuro. Sempre nello spirito ironico ed irriverente dei napoletani figura l’abbigliamento del «pazzariello» che, organizzatore di un «battage» pubblicitario veste una divisa fantasiosa, completata da una feluca da ammiraglio. Anche se in un modo non così plateale, i parcheggiatori abusivi tendono a dare al loro ruolo illegittimo il crisma dell’uffcialità calzando un berretto militare per sostanziare il loro diritto a riscuotere il pedaggio.

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